Va e VIIIa casa astrologica: sessualità e intimità

Articolo di Lidia Fassio

Oggi si parla tantissimo di sessualità; se ne parla a proposito e a sproposito e si fanno tavole rotonde, fa molta audience in televisione e si trovano ovunque manuali che aiutano e danno ricette per poter essere sessualmente “felici”. Questa esasperazione ha prodotto però anche una serie di misandestanding rispetto a questo tema al punto che c’è gente che pensa che la relazione di una coppia sia in tutto e per tutto dipendente dalla capacità di vivere appieno la sessualità e un buon “orgasmo”; non è sicuramente mio intento sostenere che la sessualità non abbia la sua importanza, ma vorrei però soffermarmi e porre l’accento sull’aspetto relazionale che, della sessualità non solo è l’anima più profonda, ma è anche lo scopo e il fine lasciando invece ad altre sedi, il lato più prettamente tecnico delle performances amorose.
Questa particolarità dovrebbe però farci pensare che anche la sessualità – come del resto tutti gli istinti primari – dovrebbe evolversi e raffinarsi nell’essere umano fino ad essere una scelta dell’Io e non restare semplicemente ancorata alla compulsione come lo è ancora pienamente nel regno animale e nella prima parte della vita.
Astrologicamente parlando possiamo trovare molte informazioni sull’aspetto e sulle spinte sessuali individuali in due case, precisamente la Va – sede del Sole – e l’VIIIa – sede di Plutone.
Il fatto che l’astrologia abbia previsto due diversi ambiti in cui troviamo simbolismi legati alla sessualità individuale la dice lunga sulla complessità di questo tema e sui suoi significati che devono essere compresi non solo nell’aspetto esteriore e fisico.
Le due case in questione occupano sezioni diverse dell’oroscopo e ci permettono di capire che, almeno simbolicamente, è prevista un’evoluzione proprio perché la Va casa si trova nella parte inferiore dello zodiaco mentre l’VIIIa in quella superiore il che ovviamente fa pensare che in quest’ultima a debbano essere elaborati simboli più complessi e più profondi che mostrano anche una natura più sofisticata e che si giocano molto sul piano psichico ed emotivo, più ancora che su quello fisico.
Le due case in questione fanno riferimento proprio a due diversi aspetti della sessualità: la Va casa si interessa prevalentemente di una sessualità più spontanea, molto più fisica, che consente lo scarico della forte energia di questa casa, più legata all’aspetto pulsionale ed istintivo designato soddisfare importantissime funzioni della vita umana quali la riproduzione e il senso di identità ben espresso nella frase: “IO sono vivo, quindi, mi riproduco”; qui infatti troviamo la possibilità di trasferire il nostro patrimonio genetico, di vedere la nostra continuità nei figli, ma di gratificare anche la nostra parte divina ed immortale che sembra così sopravvivere. E’ una casa EGOICA, dove è molto forte il tema dell’IO che trova una risposta alla morte con un illusorio e quanto mai precario senso di immortalità.
In questa casa possiamo vedere la sessualità nella sua fase più semplice e più elementare che viene ben rappresentata in questa casa che, tra gli altri significati, ha quello dell’identificazione di genere, di creatività ed espressione personale e di gratificazione di sè; è interessante notare che la Va casa non è una casa “di relazione”, ma bensì “personale” ed anche in questo l’astrologia è maestra nel mostrarci come, in questo primo ambito, la sessualità sia in primo luogo un fantastico stratagemma al servizio della vita individuale e della specie (Leone – Sole) piuttosto che un atto scelto e agito per una miglior relazione e comunicazione di coppia .
Ben diversi sono i simboli della casa VIIIa; il fatto stesso che sia sotto l’egida di Plutone già fa pensare ad una grande complessità e profondità.
Per prima cosa l’VIIIa casa è “relazionale”; è il luogo dove noi incontriamo l’ALTRO esterno ed interno in un clima di grande intimità nel quale l’Io deve subire una “morte psicologica”, in quanto si trova costretto ad incontrare l’Ombra, la mortalità e la caduta di innocenza e di onnipotenza; è anche il luogo però dove possiamo trascenderlo proprio oltrepassando quei confini individuali che ci permettono di superare la nostra duplicità ed ambivalenza.
In ottava casa siamo obbligati ad entrare all’interno delle nostre dinamiche psichiche per renderci conto che solo incontrando l’altro possiamo conoscere e conoscerci e, pertanto, proprio la sessualità ci permette di scoprire che il senso dell’unità esiste e che l’altro da noi è il catalizzatore che consente una vera comunicazione sul piano fisico, emotivo e psichico.
Questa casa vede il domicilio di Plutone, di Marte e l’esaltazione di Mercurio e questo sta ad indicare che vi è un forte apporto della coscienza dell’Io (Mercurio) che va a frapporsi tra l’istinto puro e potente di Plutone e l’azione di Marte.
Mercurio sottolinea la necessità che in questa casa ci sia una vera possibilità di mettersi in relazione, di comunicare e di mettere in contatto due parti che prima erano divise e separate.
Proprio dalla lettura della casa VIIIa possiamo comprendere qualcosa di importante che riguarda la sessualità; essa non è più solamente un semplice atto che consente la riproduzione ma è diventato una parte estremamente sofisticata della nostra natura, uno strumento che soggiace al principio di piacere venusiano e che ci permette di incontrare “L’ALTRO” ad un livello profondo, ma anche di scoprire quella parte di noi che trova il suo rispecchiarsi nella relazione.
Questo incontro da un lato conduce alla possibilità di diventare una vera coppia in grado di godere di un livello profondo di intimità, complicità e unità di intenti e, dall’altro, consente anche di riguadagnare all’interno quel senso di unità individuale che si può ottenere nel momento in cui si riconosce di essere al servizio di qualcosa di più grande dell’IO, recuperando pian piano le nostre zone d’ombra.
Certo, in questa casa, la sessualità si fa molto più complessa proprio perché le sue implicazioni vanno a scavare nella profondità della nostra coscienza che si trova ad incontrare l’anima.
E’ in casa VIIIa che, attraverso la sessualità, ha inizio quell’atto del “concedersi e del lasciarsi andare” che è da un lato spinta all’estasi e all’unione e dall’altro ferimento profondo all’Io che teme di annientarsi e di perdere il suo potere ma che trova in questo ambito la vera possibilità di rinascita.
E’ indubbio che la sessualità è un atto di comunicazione intima e non deve pertanto essere investita di significati che nulla hanno a che fare con essa.
Se viene invece caricata di “potere”, di “possesso” e di “paura di perdere la propria integrità”, può diventare un vero inferno e portarci a vivere un lato estraneo ad essa.
E’ interessante valutare le due frasi molto di moda oggi in relazione alla sessualità: “fare l’amore con….” oppure “fare sesso con….” che, nella loro sostanza implicano però una grande differenza di intenti.
Nel primo caso, abbiamo veramente l’idea di scambio, di intimità e di unità dirette ad aumentare ed esaltare la natura del sentimento che c’è tra due persone.
Nel secondo caso abbiamo invece la percezione di un puro esercizio fisico che non ricorda per nulla la dimensione della comunicazione in quanto è rivolto ad una gratificazione personale in cui l’altro è semplicemente uno strumento e non un partner.

Lilith nel Sufismo

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Di questi tempi, uno dei più potenti archetipi il cui nome è Lilith sta rinascendo nella femminilità religiosa, esso è l’archetipo della “misteriosa” intimità femminile.
Per ere è stato messo da parte, denigrato e demonizzato dalle religioni patriarcali, ma adesso viene osservato con rinnovato interesse. Chiunque stia seguendo le tracce di Lilith, potrebbe essere interessato ad apprendere come sia già stata riabilitata secoli fa sotto la maschera del Sufismo.
Lilith era conosciuta dai musulmani come Layla — dal famoso poema di Layla e Majnun.
Entrambi i nomi provengono dall’antica radice Semitica che significa ‘notte’. Nell’antico Accadico il suo nome era Lilitu, dalla radice L-Y-L, terminante al femminile con la -t; esso assume la forma di Lilith in Ebraico. Il nome Arabo Laylá proviene dalla stessa radice, ma ha la desinenza per forma usato del genere femminile nei nomi delle ragazze arabe.
Lilith fu senza dubbio una reminiscenza della dea dell’arcaica religione Mediorientale, la quale fu demonizzata e divenne un ricordo sotto le religioni patriarcali. La sua cattiva reputazione dipende dal significato attribuitole: “parte buia, oscura, nera”. Quando una nuova religione succede alla precedente, trasforma le divinità di quest’ultima in demoni e conserva dei pregiudizi nei suoi confronti. Psicologicamente, l’archetipo di Lilith, la Dea Oscura, (conosciuta nello Shaktismo come Kali Ma) divenne il canale di sfogo in cui la nuova religione patriarcale scaricava tutte le sue frustrazioni negative contro la donna.
Si tratta del Divino Femminile a cui i poeti Sufi si rivolgono coi nomi di donna…tipo Layla.
La “parte oscura”? Nel Sufismo, ’”l’oscurità” di Layla non è considerata come qualcosa di nefasta o minacciosa. Al contrario, può essere luminosa – l’esperienza della “Luce Nera” (vedasi Henry Corbin, L’uomo di luce nel sufismo iraniano). O come lo “scialle nero” del Profeta che talvolta i Sufi chiamano “kali kamaliya vala” (l’avvolto nel mantello nero) nei loro qawwali (assemblea dei sufi). I Sufi sono anche collegati al kamal pos,h…dei Sufi ancestrali (una fratellanza mistica che esistette fin dalla preistoria e nella quale operavano insegnanti e indovini). Il tappeto della preghiera del Profeta era anche nero, come lo fu la prima bandiera dell’Islam.
Layla, secondo l’interpretazione data dai Sufi, significa potere dell’amore. È l’oscurità femminile che ama in ugual misura, che ritorna amore, che ci trascina fuori da noi stessi e ci porta alla stazione estatica dell’amore. Essa inebria, ci rende indifferenti al mondo, sorprendenti nei propositi, ci avvolge e trattiene ancora i suoi misteri, i suoi nascondigli, le sue oscurità. La sola apparizione fugace della sua realtà inebria.
Dallo studio della storia delle religioni si evince che la nuova fede ha sempre etichettato le vecchie credenze demoniache. Per esempio, nello Wyoming c’è una conformazione rocciosa elevata ad incavi verticali che gli indiani americani considerano un luogo sacro; il nome nella lingua della tribù dei pellerossa Lakota è Mato Tipila (La Casa dell’Orso). Ma l’uomo bianco non potette trovare un nome migliore di “Torre dei Diavoli.”
Ma che cosa ci giunge esattamente della versione originale di Lilith antecedente alle Genti del Libro? Kâli significa in lingua Urdu nero. Forse un’analogia con Kali ci aiuterebbe meglio a integrare questo concetto. Se da un lato Uma/Parvati/Durga (è l’Energia Divina o Verbo nelle sue vari manifestazioni) rappresenta il lato amoroso del Femminile, Kali mostra il lato della fierezza.
La novità più interessante è che il Sufismo ha recuperato e reintegrato il lato Oscuro della Donna nella persona di Layla, il cui nome proviene dalla stessa radice Semitica Lilith, cioè ‘notte’. Il nome di Layla sta a Dio come la “Donna Amata” sta nella poesia Sufi, ed il Suo nome rappresenta l’abbraccio positivo della notte come Madre Oscura, l’amore che distrugge e guarisce dalla paura dell’oscurità. Kali significa ‘nero’ e Lilith/Layla si riferisce all’oscurità della notte, il potere del definitivo Divino Femminile che dissolve ogni forma.
Dobbiamo adorare il Divino Femminile in ogni donna e non dobbiamo mai cadere nella tentazione di demonizzarla. Dobbiamo riconoscere che una certa letteratura demoniaca sia stata utilizzata per opprimere la donne al posto di esaltare la loro Shakti (energia femminile). Osservandoci profondamente all’interno potremmo essere sicuri di non reprimere il Buio Femminile evitando che si trasformi in attacchi sulle donne. La reviviscenza del Femminile sta guadagnando terreno di questi tempi, gente! La mentalità Patriarcale si sta sbriciolando rapidamente. Le Religioni non saranno più capaci di sottomettere le donne. Non c’è sulla terra una forza più potente del risveglio femminile. Il represso Oscuro Femminile rappresentato da Lilith è gia stato ripristinato, riabilitato e reintegrato dalla psiche del Sufismo. Questo esempio può essere preso in considerazione dai fautori del misticismo femminile intenti a resuscitare il significato positivo di Lilith per le donne contemporanee.

(fonte: tradizionesacra.it)

Venere: la rinnegata

I cancelli del tramonto o le porte dell'occaso 1900 di Herbert James Draper

Articolo di Lidia Fassio, astrologa umanista

“L’amore è gioia. Ogni amore pienamente realizzato comporta l’esperienza della gioia, essendo esso la facoltà che ci mette in contatto diretto ed empatico con il valore e con la bellezza racchiusi nella realtà amata, facendocela godere, spingendoci a svilupparla e a servirla perché essa sia qualcosa di più”.

Ho pensato a lungo al tema di Venere e cosa avrei scritto per il Congresso a lei dedicato. Ho iniziato a lavorare al senso della parola “benessere” tanto caro a Venere che, come ben sappiamo, simboleggia appieno l’idea dello star bene e soprattutto dello “star bene con sé stessi” essenziale per qualunque altra possibilità esterna; sappiamo che Venere è il simbolo del “piacere” per eccellenza da intendersi nel suo lato più nobile giacché è un archetipo interiore che, purtroppo, oggi viene spesso disatteso al punto che ne vediamo troppo spesso solamente il triste riverbero che emerge dalla sua ombra che sta ad indicare che non è onorato e compreso. Oggi la parola “piacere” è spesso contrabbandata con l’idea che si debba “riempire” un vuoto che si percepisce strisciante ed intenso ma, quando si deve riempire qualcosa all’interno, non si può né discriminare né tanto meno scegliere (altro simbolo di Afrodite) per cui ci si avvicina sempre più alla soddisfazione di una pulsione impellente e difficilmente contenibile piuttosto che trovare quella gratificazione autentica che tanto si desidera e che giunge invece quando siamo noi stessi e scegliamo ciò che effettivamente ci rispecchia in quanto espressione del desiderio più profondo che, senza dubbio, nasce dal nostro Essere più profondo.

Purtroppo regna molta confusione circa questa divinità che, per dirla alla Hillman, è una delle più “rinnegate” in un’epoca in cui, invece, quasi tutti sono convinti di viverla al massimo del suo potenziale e di onorarla in ogni modo. Anche i gusti, sua raffinata prerogativa, sono disattesi poiché sono confusi da un marasma di bisogni di far prevalere un’immagine rispetto a ciò che origina dell’autenticità pura ed incontaminata. Anche in questo possiamo cogliere l’assoluta carenza di “valori”, tanto cari ad Afrodite che, nella sua prima sede in Toro simboleggia la costruzione del senso di valore personale così come nasce e cresce al nostro interno. Da questa prima importante traccia si va poi lentamente a formare la ”scala di valori da portare all’esterno e nella relazione” che dovrà mettersi in luce nella sede Bilancia che aggiungerà a ciò che piace e che si reputa importante anche il senso dell’etica e dell’armonia collegando così definitivamente ciò che idealmente desideriamo a ciò che siamo dentro e le varie parti di noi che formano così un primo nucleo di integrità.

La difficoltà nel distinguere ciò che conta realmente per noi da ciò che invece appaga solamente certi bisogni temporanei e da ciò che è considerato un valore nel nostro mondo è evidente e si manifesta quotidianamente nell’accresciuto senso di insoddisfazione a cui le persone vanno incontro e che appare quando erroneamente pensiamo di avere tutto ciò che desideriamo e, per questo, dovremmo star bene; in effetti Afrodite è molto più vicina all’anima di quanto non pensiamo e, quando non la onoriamo come si attende, da vera Dea alchemica, si vendica con noi negando quel senso di gratificazione che può nascere solo dal piacere autentico che è per natura espressione del collegamento preciso tra i desideri del Sé e quelli dell’Io. Quando si vendica, sperimentiamo il mondo senza luce, senza gioia, un mondo grigio in cui tutto diventa opaco e senza valore che rilascia un senso di inappagamento diffuso e strisciante.

Quando siamo in linea con i nostri valori siamo forti e pieni di vita e siamo aperti all’amore e alle necessarie trasformazioni che l’incontro con l’altro catalizzerà sia all’interno che all’esterno. In questa situazione non ci sarà alcuna paura di perdere né il senso di sé, né il potere personale, né la nostra essenza poiché, in ogni momento, resteremo in contatto con le risorse più profonde che ci danno nutrimento. Molti dei timori che oggi si evidenziano nelle relazioni sono da ascriversi al senso di svuotamento che si radica nella paura di cadere in balia del potere altrui e di non saper mantenere ferma la propria rotta.

Il terrore di “coinvolgersi” veramente in amore, di cui tanto si sente parlare, serve ad evitare di lasciar cadere le barriere interne al fine di incontrare realmente l’altro e sé stessi; nel negare questa possibilità appare evidente le sensazioni di annullamento e di disagio interne che, tuttavia, sono preesistenti e del tutto estranee al rapporto amoroso. Quando le persone cominciano ad avvertire la potente e destabilizzante energia dell’amore per un attimo si concedono ad essa dopo di che cominciano ad avere paura non tanto dell’altro quanto dell’intensità del loro sentimento e così entrano in crisi noncuranti del fatto che quello è invece il momento più opportuno per chiedersi quali corde personali sta andando a toccare in noi stessi l’amore che proviamo.

Possiamo ricordare in questa sede che la seducente Afrodite ha avuto il compito più bello ma anche più difficile nell’intera gamma delle funzioni psichiche:

* a lei – come rappresentante dell’Amore – tocca infatti destabilizzare l’ordine psichico esistente quello per intenderci della sesta casa con tutti i suoi condizionamenti, paletti e convenzioni che servono a dare un’illusione di controllo e di stabilità;

* il desiderio e l’attrazione che emanano dai suoi tocchi hanno lo scopo di far nascere la “passione” pura, potente e travolgente che conduce gli esseri umani a “perdere la testa” ovvero a lasciar andare il controllo per permettere così di superare le linee di demarcazione che sono state poste a difesa. In questo modo semplice e straordinario possiamo superare i nostri limiti, almeno quelli della coscienza, ed avventurarci in un territorio “altro e sconosciuto” foriero di grandi trasformazioni e, soprattutto, di conoscenza.

* Afrodite in questo frangente mostra la sua cooperazione con il padre Urano in quanto, solo a chi è innamorato, concede di oltrepassare le barriere stabilite per iniziare l’avventura della vita di relazione interna passando attraverso l’incontro erotico;

* in questo frangente nascono le difficoltà più grandi: è in questa fase che vediamo le persone indietreggiare bloccate ed impaurite dal fatto che la loro anima viene scossa dall’imprevedibile e dall’ignoto che, come sappiamo, ci sfidano per farci realmente rimettere in gioco per entrare in un percorso “nuovo” ed in una nuova fase della vita.

I più audaci resteranno per un po’ ad osservare e poi troveranno il coraggio di “guadare lo Stige” e si avventureranno in un mondo fantastico e sconosciuto, pieno di promesse e di aspettative. “Only the brave” sembra dire Afrodite e, in effetti, è questo che lei desidera; in amore ci vuole coraggio, quel coraggio dei sentimenti che spesso non si ha o meglio, che non hanno gli uomini che, tutto sommato, sono i più restii ad incontrare Afrodite quando è carica di sentimenti potenti e destabilizzanti e questo al di là che li desiderino più di ogni altra cosa al mondo. Gli uomini sono stati abituati a sfoggiare Marte piuttosto che Venere; in effetti l’addestramento infantile li ha aiutati a mettersi in guardia dai rischi dei sentimenti e così, evitano di entrare in rotta di collisione con questa prorompente energia vitale, spostando invece l’attenzione su ciò che giunge da altri “nemici”, quelli che sono abituati a combattere da sempre per conquistare traguardi esterni, lasciando in questo modo totalmente sguarnito il campo della conquista dell’anima.

Il potere personale nell’uomo sembra giocarsi nel restare in trincea, fermi a tenere la postazione per cui, più che conquistare qualcosa, lotta per difendere l’integrità del territorio, evitando accuratamente le scorribande di Afrodite, soprattutto se riguardano gli affetti e non la sessualità.

Venere utilizza armi molto diverse che, se non sono state apprese ed acquisite, si fatica anche solo a prenderle in considerazione; lei non si occupa di conquiste armate e il suo strumento è il cinto magico con cui opera la seduzione dell’anima promettendo l’attraversamento di un confine che si intuisce come l’unico possibile ma che, proprio per ciò che potrebbe portare, è temuto più di qualunque altra cosa.

Anche sul piano sessuale Venere è interessata all’erotismo e mai alla sola sessualità se vista come “pulsione” finalizzata alla gratificazione immediata o riproduttiva; Afrodite è rivolta all’aspetto più raffinato dell’amore, a quel sottile gioco di desideri che sollecita la fantasia e che si nutre di immaginazione e di desiderio e che, proprio per via dell’attesa, porta la sessualità ad un livello più elevato, celeste e perché no? Spirituale. La parola “afrodisiaca” si riferisce ad un’energia prettamente femminile, di cui la Dea è sovrana e che dispensa solo a chi la comprende e la onora. Lei è lontana da qualsiasi forma di sentimento “materno, genitoriale o filiale”; è regina dell’amore ma di quello che trasforma l’anima, quello che offre erotizzando i rapporti tra uomo e donna.

Afrodite intende l’amore come un tramite tra l’umano e il divino e, nella nostra mitologia – intendo quella giudaico cristiana – questo tratto è invece molto ambivalente se non addirittura represso e rinnegato. Gli uomini di chiesa nella nostra filosofia non possono avere rapporti amorosi ma, per assurdo un tempo, potevano partecipare a combattimenti e, quindi, potevano utilizzare Marte ma non la sua dirimpettaia; nel mondo pagano invece era esattamente il contrario: i sacerdoti e le sacerdotesse potevano accedere alla sessualità ma, in compenso, non potevano partecipare ad atti di sangue. A volte ci si chiede come possiamo essere così convinti di aver raggiunto una più grande civiltà evitando di onorare uno degli archetipi fondamentali.

Quando non si può o si nega l’ accesso all’amore, si consuma il più grande tradimento all’anima perché, dato che non è possibile non desiderarlo con tutte le forze ma ne è impedito l’accesso, si finisce per respingerlo operando una rinuncia che sa di amputazione e che porterà ad una mancata conoscenza di sé a cui consegue un inaridimento dell’anima. Già, perché è Afrodite che attraverso l’amore permette di raffinare ogni cosa, ogni stato, ed ogni rapporto fino a farlo diventare un “valore”. Quando non si riesce ad entrare nel territorio di Afrodite per paura, si finisce per temere il cambiamento e la destabilizzazione e ci si oppone ad essi ma, in questo modo, il mondo intero finirà per soffrire della mancanza di “bellezza, di amore e di armonia”.

L’amore apre le porte alla conoscenza ma le apre anche alla sensibilità, all’estetica, al gusto e al senso del bello che, per eccellenza sono “armonia”. La nostra civiltà manca tanto di amore e, di fatto, manca di bellezza. Le città sono brutte perché non vi è raffinatezza simbolo dell’assenza della Dea che, nel mito mito, è addetta a “raffinare tutto ciò che è grezzo”.

Una delle convinzioni che mi hanno definitivamente fatta propendere per l’esaltazione di Urano in Bilancia, segno governato da Venere, è stata proprio la complicità che la figlia ha con il vecchio Dio dei Cieli per quanto riguarda la capacità di destabilizzare, di irrompere e di risvegliare che è in grado di produrre l’amore laddove lo si lasci veramente entrare. C’è da dire che è difficile resistere all’amore e, spesso è solo un’illusione quella di evitare il coinvolgimento giacché, nel momento in cui si sono abbandonate anche solo per un attimo le difese, è già penetrato all’interno e comincia comunque a fare la sua funzione. Sappiamo bene che non si può amputare e rendere muto un archetipo anche se lo si può ridurre al suo livello più basso.

L’amore prevede in sé il compito di disorganizzare le difese degli esseri umani, di mettere a ferro e fuoco il controllo, di dissolvere le paure e, al tempo stesso, di far nascere il desiderio di attraversamento della zona minata al di là di ogni resistenza.

Venere è la grande seduttrice, il che significa che l’amore ha lo scopo di distoglierci da noi stessi, di traghettarci al di là della quotidianità e della monotonia della quotidianità, di allontanarci dalle abitudini ma, soprattutto, dalle sicurezze che sono spesso causa dei nostri impaludamenti; con la sua forza radiante ci immette nell’imprevedibilità, nel rischio e, se vengono superati i confini, può condurci alla vera trasformazione che si ottiene con l’incontro di forze ctonie, uniche in grado di produrre la vera alchimia. Afrodite è imperativa e tirannica nelle sue richieste: non permette che le si resista ed è interessante valutare che, pur essendo una forza attiva, dinamica e yang, tendente a far scattare desideri impellenti, è però anche profondamente femminile in quanto pretende assoluto affidamento e, per questo, travolge le difese tipiche della mente quando ci si oppone.

Noi non facciamo altro che parlare di amore e di relazione, eppure è ciò che, alla luce dei fatti, temiamo di più e per questo, passiamo a volte l’intera vita stando alla finestra, convinti che prima o poi l’amore busserà alla nostra porta senza fare nulla, ma ancor di più, senza rischiare nulla. Eppure l’amore è forse il sentimento che più ci chiede di rischiare; la difficoltà sta nel fatto che il rischio non può essere calcolato in quanto, il sodalizio con Urano impone che, ogni volta che ci innamoriamo, andiamo ad esplorare qualcosa di completamente nuovo di noi per cui, ogni previsione, ogni calcolo o sicurezza, non ci serviranno a nulla proprio perché l’Amore ha lo scopo di tirare fuori le “risorse auree” quelle che non abbiamo ancora visto e che si scorgono nell’incontrare l’altro, caricato delle nostre proiezioni; nel caso non vi siano rischi, non saremmo al cospetto di Afrodite – figlia di Urano – ma di qualcosa di diverso da lei.

Lei è figlia del Dio dell’imprevedibilità, di colui che ha lo scopo di “disorganizzare e destrutturare” tutto ciò che tende a stabilizzarsi e a restare uguale nel tempo, impedendoci la conoscenza; tra l’altro, essendo figlia di Urano è anche abbastanza lontana dal concetto di “tempo e durata” che, invece sono concetti che si addicono molto di più a Saturno. Il Tempo, di fronte all’amore appare come qualcosa che “corrompe”, che umilia e, quando questo accade, lei si vendica richiamando i suoi adepti a nuovi ed imprevedibili sconvolgimenti anche al di là della loro stessa volontà. Nel mito Afrodite è imprevedibile, nessuno poteva sapere quando e chi avrebbe chiamato e scelto ma, soprattutto, a lei non interessava certo la condizione del prescelto, quello era territorio di altre divinità (tipo Era, la Dea del matrimonio) verso la quale Afrodite mostrò sempre una grande irriverenza.

In effetti, la figlia di Urano non aveva alcuna considerazione per il matrimonio; trasgrediva spesso il suo (con Efesto) e non si curava se le persone che chiamava a sé fossero sposate o meno, cosa che faceva invece imbestialire Era; come a dire che l’amore si cura poco delle strutture e delle convenzioni sociali ma segue strade sue, legate solamente al mondo dei sentimenti. Questo ci porta ad alcune considerazioni obbligate sui delicati temi di amore e matrimonio che, solo a volte o meglio, solo all’inizio si incontrano e viaggiano fianco a fianco ma, spesso, si accompagnano solo per un po’ per cui il matrimonio continua ma, per soddisfare Afrodite, uno dei due deve andare ad attingere ad altre fonti mantenendo il matrimonio fermo su concetti che hanno più a che fare con la stabilità, la sicurezza, il supporto reciproco, l’affetto e la stima, tutte cose importanti che, tuttavia, non possono essere considerate Amore, non nel senso afroditico del termine.

Tutti vogliono provare amore e vogliono sentire quella tensione interna che spinge alla ricerca, al voler nuovamente entrare in quello “scrigno magico”. Venere però non è neppure l’innamoramento; in effetti, in casa quinta lei non è presente e, per questo, l’innamoramento non la riguarda anche se lei si serve naturalmente di esso per infondere quel coraggio che solo la passione concede. Venere abita normalmente la seconda, la quarta e la settima casa. In tutte e tre le sue sedi è sempre a contatto con gli altri due pianeti femminili: due volte con Eris (X) ed una volta con la Luna però, mentre nelle prime due sedi si viene a trovare in segni ricettivi e yin, nella sua sede privilegiata (Bilancia), si trova invece in un segno attivo e yang, come a dire che prima sin trova in una stato di passività in quanto immersa in fasi in cui predominano ancora la simbiosi e la funzionalità avvolte nell’illusione dell’eterno appagamento, senza un proprio reale intervento e senza mettersi in gioco con i propri veri mezzi. Nella terza sede incontra finalmente l’elemento Aria (scelta, decisione, relazione) e, anche se il segno è femminile è però yang ed in realtà è lei che attrae il che ci fa capire che l’amore non capita, ma lo si cerca e, quanto lo si incontra, sta a significare che è l’anima che si sta muovendo e che produce il suo richiamo e, come ben sappiamo, l’anima non vuol certo restare inascoltata.

L’Aria vuole stare in relazione; noi nasciamo in relazione, nasciamo per amore e, ad esso dovremmo sicuramente dare qualcosa nella vita. Tutti abbiamo idea di quanto sia triste una vita senza amore, tuttavia, a volte lo cogliamo ma non riusciamo quasi mai a trattenerlo e, quindi, ricadiamo nell’ordinarietà. L’amore infatti ci fa vivere nella straordinarietà e nel desiderio di completezza e di armonia. L’amore non può essere mai ordinario; il problema però è capire dove si cerca la straordinarietà: spesso la cerchiamo fuori, nel partner, all’esterno mentre, in realtà è straordinario incontrare l’amore e trattenerlo dentro di sé perché è da li’ che nascono le infinite possibilità. L’amore è prima di tutto uno stato dell’anima; è collegato al nostro essere più profondo, all’aver unito e rese armoniche le nostre tante sfaccettature, al provare dentro la fine della “guerra” per il sopravvento dell’una o dell’altra parte, al sentire “armonia e cooperazione”. Forse è da questa premessa che potrà nascere l’amore eterno quello che non ci stanchiamo di cercare fuori e che spesso ci delude giacchè l’illusione sta nel pensare che arrivi dall’esterno ciò che non siamo ancora disposti ad accogliere dentro.

In conclusione possiamo dire che:

* se cerchiamo fuori dobbiamo arrenderci all’idea che sia per sempre; in effetti Afrodite come figlia di Urano non può neppure pensare di bloccare l’amore dentro a connotazioni di eternità, parola estranea a lei al padre che, come ben sappiamo, si oppone sia al Sole che alla Luna;

* se vogliamo onorarla dobbiamo quindi abituarci alle sue cicliche destabilizzazioni che avvengono allorché l’amore ci vuole riportare verso quel lato di noi che ordinario non è;

* in pratica ci chiama per sedurci e invitarci a mollare le sicurezze per incontrare chi siamo realmente;

* se invece coltiviamo dentro di noi questo stato è molto più probabile che riusciamo a produrre quell’alchimia che potrà permetterci di uscire dal senso del tempo e dell’ordinarietà, superando così i confini della polarità ed andando ad agganciare il vero significato della totalità.

Ancora una volta Afrodite possiede la possibilità di attrarci verso ciò che è fondamentale per noi e lo fa sbalordendoci, impedendoci di mettere difese e ragioni che con l’amore poco hanno a che fare. Abbandonarsi ad esso è però difficile perché temiamo di essere sopraffatti da qualcosa che poi risulta difficile da gestire nella vita ordinaria. L’amore sembra essere l’oasi dentro la quale tutti vorrebbero approdare e sostare ma che solo pochissimi trovano; per arrivarci bisogna però essere pronti in qualunque momento a rispondere alla sua chiamata. Come sempre per noi umani non è facile accedere ad un sentimento che è divino per eccellenza e che, pertanto, ci spinge spesso verso il conflitto profondo che nasce dall’incontrare la straordinarietà pur vivendo in un costante stato di ordinarietà.

Venere è l’archetipo che chiede ad ognuno di noi di uscire dal guscio narcisistico per incontrare veramente gli altri e l’altro; è l’opposto dell’egocentrismo che, invece, rinchiude le persone in una bolla da cui è difficile uscire se qualcuno non tenderà la mano offrendo per l’appunto “amore”. L’amore è felicità ed arricchimento ma, per incontrare questi stati, bisogna accettare di passare attraverso la destabilizzazione che porta l’anima a sussultare e ad incontrare i lati sconosciuti apportando una vera rivoluzione interiore. Venere governa il desiderio che è la molla di ogni nostra azione e di ogni trasformazione. Solo quando desideriamo siamo in grado di attivare le forze più potenti che abbiamo all’interno e di superare, almeno temporaneamente, il conflitto tra gli opposti incontrando “la relazione”.

Il piccolo libro dell’ombra di Robert Bly

In questo libro del 1988, il poeta americano Robert Bly ci parla di alcuni aspetti nascosti della nostra personalità.
Per Bly, tutti noi abbiamo una parte della nostra personalità «alla luce» e una parte «all’ombra». Cioè: tutti noi abbiamo una parte di personalità che mostriamo agli altri e che, perciò, anche noi stessi conosciamo bene. Questa è la parte «alla luce». Però, abbiamo anche una parte di personalità che non mostriamo a nessuno, perché nemmeno noi sappiamo d’averla. Questa è la parte «all’ombra». Bly la chiama «Ombra».
Ma che c’è dentro l’Ombra? Bly ci dice d’immaginare l’Ombra come un sacco invisibile sulle nostre spalle. In questo sacco mettiamo le parti di noi (cioè della nostra personalità) che non ci piacciono. Per esempio, ci mettiamo la rabbia, la paura, la gelosia. Iniziamo a riempire il sacco già da piccoli: ci mettiamo le parti di noi che non piacciono ai nostri genitori. Lo facciamo per paura di perdere il loro amore. Da adulti ci mettiamo le parti di noi che non piacciono alla società, al nostro capo, alla persona che amiamo. E anche quelle che non piacciono alla religione (il sesso, per esempio).
Il sacco ci fa star male. Perché ogni parte di noi che ci mettiamo dentro è una rinuncia a una fetta della nostra energia vitale. Perciò, più è grande il sacco, peggio stiamo.
Il sacco ci fa star male anche perché quel che ci abbiamo messo dentro non se ne sta lì buono. Cerca d’uscire fuori. E, siccome non ce la fa, ci diventa ostile, creandoci problemi psicologici. E il brutto è che ciò succede in modo non consapevole: non ce ne accorgiamo.
Il sacco ci crea la maggior parte dei danni attraverso il meccanismo della «proiezione». Che cos’è? Ogni volta che incontriamo qualcuno, abbiamo la tentazione di attribuirgli un lato di noi che abbiamo messo nel sacco. Per esempio, se odiamo qualcuno per un aspetto particolare del suo carattere, quell’aspetto è spesso uno di quelli che avevamo anche noi e che poi abbiamo messo nel sacco. Invece, se amiamo una persona per un aspetto particolare, spesso è perché anche noi avevamo quell’aspetto e poi l’abbiamo messo nel sacco.
«Proiettare» è pericoloso, per due motivi. Il primo è che così odiamo o amiamo una persona per un solo aspetto del suo carattere. E gli altri? Il secondo è che è possibile proiettare anche i lati della nostra personalità che non sono nel sacco. Ciò significa che l’energia vitale che non abbiamo perso nel sacco la possiamo perdere proiettandola. Faccio un esempio. Se io sono coraggioso, ma proietto il coraggio su
un’altra persona (cioè penso che l’altra persona rappresenti il coraggio perfetto), finisco per credere che sia solo lei ad averlo. Chi fa così perde tanta energia vitale.
Per recuperare la nostra energia vitale abbiamo due modi. Il primo è scoprire che c’è dentro il nostro sacco. Il secondo è riprenderci le nostre proiezioni. Ma come si fa? Bly ci dà qualche consiglio. Per esempio, ogni volta che odiamo qualcuno senza motivo, lì c’è la nostra Ombra. Poi, dobbiamo cercare di sviluppare i sensi, per aumentare la nostra sensibilità. Lo possiamo fare suonando uno strumento musicale, facendo un viaggio lontano, stando un po’ da soli ad ascoltare noi stessi, oppure tenendo un diario.
Siamo entrati in questo mondo “portandoci dietro nuvole di gloria” provenienti dalle profondità dell’universo: portando con noi appetiti ben conservati della nostra eredità di mammiferi, la spontaneità meravigliosamente conservata di 150000 anni di vita arborea e le ben conservate ire funeste di 5000 anni di vita tribale.
Ma i nostri genitori, gli insegnanti …volevano una brava bambina o un bravo bambino.
Questo è il primo atto di un dramma. Non significa che i nostri genitori fossero cattivi: solo che avevano bisogno di noi per qualche loro scopo…
Anche noi facciamo lo stesso con i nostri figli: fa parte della vita su questo pianeta. In tutti noi c’è una parte della nostra personalità che ci è nascosta. Genitori e insegnanti ci spingono a sviluppare il lato luminoso della personalità, a occuparci di argomenti illuminati dalla ragione come la matematica o la geometria e ad aver successo.
La parte oscura allora non viene nutrita e diventa sempre più affamata.
All’età di due o tre anni avevamo una personalità, diciamo così, a 360 gradi. L’energia si irraggiava da ogni parte del nostro corpo e della nostra psiche. Un bambino che corre è un globo di energia vivente. … Avevamo una palla di energia; ma un giorno ci siamo accorti che ai nostri genitori certe parti di quella palla non piacevano…….
Appeso alle nostre spalle abbiamo un invisibile sacco; e le parti di noi che ai nostri genitori non piacciono, per non perdere il loro amore, le mettiamo lì. Quando cominciamo ad andare a scuola, il nostro sacco è già piuttosto grosso. Poi viene il turno degli insegnanti……
A partire da un globo rotondo di energia … resta solo una fettina…..
Avendo perduto una parte tanto grande di noi stessi, che cosa possiamo fare? Possiamo costruirci una personalità più accettabile dai nostri genitori. Alice Miller (Il dramma del bambino dotato) dice che è vero che abbiamo tradito noi stessi, ma aggiunge: “Non biasimarti per questo. Non c’era altro che tu potessi fare. … Da bambini abbiamo fatto la sola cosa che era sensato fare in quelle circostanze. Il sentimento appropriato verso quella perdita non è il senso di colpa, ma il lutto.
Una notte Robert Louis Stevenson si svegliò e raccontò alla moglie di un sogno. Il sogno diventò “Lo strano caso del dottor Jekyl e del sig. Hyde.”
Il racconto ci dice che la sostanza rinchiusa nel sacco compare in un’altra zona della città, che la sostanza contenuta nel sacco è arrabbiata e regredisce. Si involve verso la barbarie.”
Ogni parte della nostra personalità che non amiamo ci diventa ostile. Possiamo anche aggiungere che la parte negata tende ad allontanarsi da noi e a scatenare una rivolta contro di noi.
Poichè il sacco o il contenitore di latta sono chiusi e le loro immagini restano al buio, possiamo vederne il contenuto solo spargendolo innocentemente (diciamo così …) in giro per il mondo. Perciò il ragno diventa cattivo, il serpente astuto, il capro satiro; gli uomini diventano lineari, le donne deboli, i russi senza principi e i cinesi tutti uguali. Eppure, è precisamente attraverso questo costoso, dannoso, dispendioso e ingannevole gettar fango che alla fine arriviamo a prendere contatto con la nostra Ombra.”

(“Liberamente tratto da “Il piccolo libro dell’ombra” di Robert Bly -Red edizioni )

Serendipity astrologico: Vertex

Vertumnus and Pomona - Francesco Meizi 1493 1570
Vertumnus and Pomona – Francesco Meizi 1493-1570

“L’astrologia classica non fa menzione di questo punto che invece pare affiorare proprio agli inizi del 900. Il primo ad osservare questo punto è l’astrologo canadese Edward L. Johndro anche se la divulgazione fu per merito di Charles Jayne. Il concetto viene poi elaborato e approfondito dallo studio di John Townley.
La corrispondenza tra Charles Jayne e Johndro (i due non s’incontrarono mai) pare essere l’unica e importante testimonianza del lavoro in relazione al  Vertex. Il loro studio ha evidenziato questo punto come il luogo in cui accadono le cose fuori il nostro controllo confermando nel tempo l’idea del Vertex come “porta/passaggio”.
Il Vertex può essere considerato una sorta di “porta” con il mondo esterno (relazioni sociali, incontri del destino, eventi che cambiano il percorso esistenziale) e con le forze del Cosmo (sincronicità, spiritualità, coincidenze). Ho potuto osservare che il luogo in cui appare indica sovente un punto di rottura delle convinzioni della persona, dove la routine del tema viene a contatto con qualcosa di nuovo e improvviso. Spesso questo evento o persona non sono conciliati dal soggetto per cui si fa fatica nella stessa psicologia espressa dalla carta a riconoscere la forza e la novità che il Vertex porta con sè.  E come ricorda qualcuno i grandi cambiamenti della nostra vita, spesso, sono mascherati da perdita o da rinuncia!
Vertex rimanda al mito di Vertumno (Veltuna dal lat Vertumnus o Vortumnus) ovvero alla divinità romana di origine etrusca che personificava il cambiamento di stagione e la capacità di trasformazione in tutte le forme (la Natura stessa) da essere annoverato nella stessa Metamorfosi di Ovidio.
Vertumno si innamora di Pomona, la dea degli alberi e dei frutti (pomona frutto) e per conquistarla si trasforma egli stesso in mietitore, poi in soldato, poi in pescatore cercando di avvicinarsi il più possibile all’amata. E riesce infine a conquistarla assumendone le fattezze di una vecchia cercando di elogiare le gesta di Vertumno. E una volta mostrata la sua vera identità la bella Pomona finisce per cedere al suo splendore.
L’esperienza entra nella nostra vita nei modi più inattesi e sorprendenti. Proprio come succede a Pomona, qualcosa di esterno interviene nella vita della persona, provocando suo malgrado il mutamento-trasformazione. E lo fa sorprendendo la stessa persona, attraverso schemi non convenzionali o addirittura contrari alla volontà stessa; per esempio un’anonima vecchietta, apparentemente insignificante diventa l’accesso all’amore per la stessa Pomona. Questo a mio avviso indica il valore portante del Vertex come luogo dell’esperienza personale e psicologica. Particolarmente significativo, poi è il fatto che la festa rituale tradizionalmente veniva collocata proprio ad ottobre in prossimità dell’equinozio autunnale, luogo mitico per l’astrologia poiché ci ritroviamo il triangolo Persefone – Demetra – Ade e la spartizione del tempo con l’implicazione della Vergine, Bilancia e Scorpione.
Un secondo elemento che definisce l’espressione del Vertex riguarderebbe la relazione/esperienza proposta dal Vertex. Infatti, come vedremo, per una questione tecnica astronomica, il Vertex rimane sempre nella quattro case delle relazione, la quinta, la sesta, la settima e l’ottava, tutte case che producono un significato preciso (con eccezione per le alte latitudini della IV e della IX casa, evento raro). Il Vertex è il luogo del fare esperienza, di apertura/chiusura a questa, di capacità di accogliere la novità o piuttosto fare resistenza. Si può pertanto osservare che il Vertex appare come:

– Luogo di relazione, da dove proviene l’esperienza che “apre”, o l’incontro che cambia e produce una proposta di cambiamento;

– Incontro dei Vertex in Sinastria indica sempre una compatibilità importante; ma assume molta importanza anche sui Transiti;

– Luogo degli eventi speciali, delle coincidenze, e della sincronicità;

– L’incontro “destinato”, l’amico, la sposa, l’amante, il maestro (un polo “elettrico” che scuote dal torpore la persona);

– Il luogo “karmico” dove la persona incontra un’ombra che gli fa prendere coscienza, ma non si tratta di un punto oscuro come Lilith o come i Nodi e ne restringente come Saturno, ma come un bivio in cui la persona vive una sorta di scommessa al cambiamento;

– Luogo dell’inaspettato, di rottura, della perturbazione psichica o intellettuale, dell’estraneo che entra; appunto qualcosa che accade fuori il nostro controllo;

– Quello che uno si aspetta da noi, o quello che noi ci aspettiamo dalla gente. Una porta in cui confluiscono input ed output personali, psicologici e sociali.

Un terzo aspetto riguarda il Desiderio inteso come “attrazione”.  Alcuni autori hanno sviluppato il Vertex come luogo affettivo relazionale legato all’“amore coniugale”.
Per alcuni autori indica anche il punto Spirito/Anima di dialogo con il piano superiore, con il Cosmo, punto di “torsione” delle nostre convinzioni. Il modo come uno si rapporta al “Sè”.
In tutti questi casi, s’intravede appunto una linea comune, quella della relazione con il mondo esterno, qualunque esso sia, e la nostra capacità di rinnovarsi e di continuare a sorprenderci quando tutto ci sembra impossibile e destinato allo scacco finale. Da un punto di vista psicologico, dunque, il Vertex richiama alcune qualità umane ed emotive fondamentali: la fiducia, la volontà, il rinnovamento. [*]

[*] articolo sintetizzato

Fonte: qui

Venere la Bella, Venere l’Eretica

I cancelli del tramonto o le porte dell'occaso 1900 di Herbert James Draper

Ciò che separa totalmente e definitivamente Venere dalle simbologie lunari è il fatto che Afrodite non è spinta dal bisogno, non fu mai vittima, nè mai soffrì per amore.
Afrodite rappresenta la scelta e il solo principio che lei persegue è quello del piacere.
Afrodite incarna, quindi,  il principio del piacere, lei ama per il piacere di amare, e sceglie ad uno ad uno i suoi amanti, non subisce mai le altrui scelte.
Mentre la Luna desidera appartenere (famiglia, radici, patria), ricerca la fusione e cerca di riprodursi come possibilità di piantare le sue radici, e appagare il suo bisogno di sicurezza emotiva, per Venere la gratificazione personale è legata al suo valore ed al fatto di scegliere.
Ed è proprio questo che la rende irresistibile: lei incarna l’amore, prima di tutto per se stessa, poi verso gli altri.
Afrodite basta a sè stessa e questo nel mito è evidente perchè nonostante le innumerevoli relazioni, ed il matrimonio con il dio dei fabbri, Efesto, lei si comporta fondamentalmente come una single.
Mentre la Luna ricerca e crea dipendenza e fusione emotiva, la relazione per Venere è basata sullo scambio e sull’indipendenza reciproca. Infatti nonostante abbia figli, Afrodite non viene mai identificata come madre, tant’è che i suoi figli vengono allevati dai padri.
Attraverso lei, la relazione si trasforma nella grande opportunità per conoscere sè stessi, e contemporaneamente per produrre unione, come vuole il domicilio primario di Venere, Bilancia, settima casa. Questa casa di relazione e questo segno d’aria ci insegnano che per entrare in una vera relazione di scambio paritario occorre che due identità complete e autosufficienti si incontrino, accettando anche le diversità intrinseche nella coppia. Non è una relazione di tipo fusione quella che ci viene qui proposta, ma una relazione basata sullo scambio mentale e la maturità psicologica, come vuole l’elemento aria.
Altra cosa che la distingue dalle simbologie lunari è che Afrodite non mostra nessuna indecisione nell’esprimere la sua attrazione.
Lei non attrae per ciò che offre, ma per ciò che è ed è proprio questo suo essere vera che produce la grande attrazione. Lei non fa nulla per essere amata, bensì incarna l’amore, elargisce questo sentimento senza aspettarsi che arrivi dall’altro, come se permettesse all’altro di sperimentarlo attraverso lei.
Quello che lei porta avanti è un modello di amore adulto, dove nessuno deve qualcosa all’altro, e ciò che tiene legate due persone non potrà mai essere una firma.
Non a caso Era, dea del matrimonio, è in eterno conflitto con lei.
L’amore per Venere dunque può anche dare gioia agli altri, ma assolutamente non dipendenza.
Venere ama, si innamora, ma parte da sè stessa. Per questo il simbolo ha a che fare con il concetto di autostima e di valore personale.
L’autostima di Venere non è legata al fare, dimostrare, produrre (che spesso serve a compensare un valore che non si ritiene di avere), ma ovviamente all’essere, quel sano grado di autostima che fa sentire di avere un valore indipendentemente dall’altrui giudizio.
Infatti le forme di dipendenza in amore corrispondono sempre ad una Venere lesa, cioè carente di autostima. Venere è tutto questo ma è anche molto di più: è tutto ciò che piace, che porta gratificazione, che fa innamorare, che porta alla conoscenza di sè e del proprio valore.
Venere non è investita del ruolo della relazione, ma dell’ “autodefinizione attraverso la relazione”.
Per scoprire questa dimensione della psiche è necessario rifiutare i valori collettivi e cercare i propri valori autentici e individuali, proprio come Afrodite che nel mito più e più volte si scontra con la morale collettiva.
In questo senso si dice che Venere sia anche legata al concetto di etica. L’etica di Venere è assolutamente legata ai valori personali, certamente non alla morale o alle religioni.
Come ogni individuo vivrà questo archetipo, dipende dal modo in cui esso è stato introiettato nella psiche durante il primo contatto d’amore e di piacere, quello con la figura materna.
Il non essersi sentiti amati, accettati ed accarezzati corrisponde ad una lesione di Venere, dove diventa necessario recuperare un principio del piacere che può essere stato congelato (Venere Saturno), o manipolato (Venere Plutone), razionalizzato (Venere Urano) o addirittura associato al dolore e al sacrificio (Venere Nettuno).
Qui si tratterà allora di smontare dei meccanismi di difesa che impediscono di fare la cosa più naturale per un bambino come per un adulto sano: riconoscere immediatamente ciò che piace, fa stare bene e quindi dà piacere. Di fatto l’unica possibilità vera per recuperare l’autostima e l’amore di sè che il simbolo di Venere chiederebbe, è riuscire a riconoscere ciò che ci piace e ci procura piacere, ciò che ci dà gioia e ci fa innamorare davvero, dalle cose piccole di ogni giorno alle più grandi.
Il fatto di riuscire a riconoscere questo e quindi a stabilire la propria personale scala di valori renderà qualsiasi individuo capace di scegliere e portare nella sua vita ciò che è buono per se stesso.
In questo senso Venere è la più grande alleata di ogni individuo perchè ci fa dono il dono più grande: la libertà.

-Manuela Caregnato, Astrologa Umanistica Eridano School –

Venere: “E’ questo quello che voglio?”

I cancelli del tramonto o le porte dell'occaso 1900 di Herbert James Draper

Anello di Sosta dal 31/1 al 18/5/2017 – Retrogradazione dal 5/3 al 15/4/2017

“La retrogradazione per transito può coincidere con delle situazioni critiche, ma spesso una crisi è proprio l’occasione per svilupparsi, per prendere qualche decisione e di avanzare in avanti oppure verso l’alto.
Così, noi possiamo dire che questi periodi di retrogradazione segnano dei momenti di transizione, momenti in cui dobbiamo cercare di cambiare di livello, fare un passo che conduce verso cambiamenti nella ‘qualità’ dei nostri sentimenti.
Anche perché quando per transito Venere è retrograda c’è sempre qualche cosa che si ferma nei nostri rapporti affettivi quindi è il momento di osservare e riflettere del perché.
Venere retrograda tratta le emozioni che passano nel caos temporaneo, le emozioni profondamente sentite saranno ricche di  contraddizioni, e la bussola delle passioni andrà “in tilt”. Eppure, questa confusione è un preludio a nuove connessioni, fra noi e noi e fra noi e gli altri e forse più fondamentalmente, a nuovi modi di unirsi.

Venere fa il suo primo passaggio in questi gradi astrologicamente chiamati ombra retrograda, l’energia si ritira dalla superficie dei piaceri, e penetra nelle profondità, fino al midollo delle sensazioni. Certi modelli di desiderio e o attaccamento, diventano sempre più evidenti quando il pianeta raggiunge il moto retrogrado astrologicamente chiamato stazione retrograda.
Momento generalmente a cui fa seguito un’eruzione instabile di energia, dove i sentimenti profondi e le verità emotive impetuose vengono alla superficie, crepando il guscio di porcellana dei  modelli esistenti. Queste ondate di emozioni e di energia, mettendo in evidenza difetti e particolarità uniche.

Venere in fase retrograda interrompe il consenso e introduce elementi sovversivi nell’ordine esistente, segna periodi nei quali certe vite cambiano a un ritmo accelerato, raggiungendo i perni cruciali del destino.
Dal punto di vista geocentrico, Venere decelera prima di andare retrograda e accelera quando ritorna diretta, segnando momenti molto potenti, nel cambio di velocità.
Quando rallenta, ha un potere tremendo, simile a Saturno o Plutone.

La Stazione diretta di Venere segna la terza fase del ciclo, evidenziando l’impegno verso quei modelli o persone che hanno superato il test della fase retrograda, con la creazione di nuove modalità nel relazionare.
Venere retrogrado ri-porta spesso vecchi amanti nella nostra vita, o sfumature non morte di affetti passati. Anche se spesso scambiati per fatidici amori eterni, questi incontri sono spesso intesi.
Anche le chiusure, altro lato della medaglia di Venere retrograda, creano opportunità per tagliare quelle corde del cuore vincolati.
Il periodo più intenso è senza dubbio il momento in cui Venere è retrograda, anche se per esperienza, la settimana precedente che porta alla prima stazione è spesso molto drammatica, da osservare con cautela.
I primi giorni di questa retrogradazione possono rappresentare un momento particolarmente intenso in quanto si è molto più passionali del normale e si rischia di buttarsi a capofitto in storie d’amore, mentre è in retrogradazione si consiglia di prestare attenzione e cautela prima di avvicendarsi in qualsiasi settore della nostra vita in cui può esserci passione e sentimento.

Le relazioni attuali o quelle in fase di nascita e/o crescita possono inciampare in eventuali difficoltà, problemi o possono essere messe alla prova per comprendere, poi, se sono degne di essere portate avanti. In realtà sarà molto difficile “chiudere un occhio” su determinate questioni e ciò ci spingerà a vedere le cose in modo più realistico.
Anche se in questo momento possiamo scoprire chi sono i nostri veri amici e/o amanti, con Venere retrograda non è il momento di agire. E ‘un momento di contemplazione e di riflessione, ricordando che nessuno è perfetto e quindi è fondamentale che tutto venga pesato prima di prendere qualsiasi decisione. A volte non abbiamo bisogno di allontanare qualcuno dalla nostra vita solo perché abbiamo scoperto alcune cose che cambiano la nostra prospettiva al riguardo è solo questione di capire che, spesso, non è il caso di affidarci e fidarci troppo delle persone.
Per i vecchi rapporti, Venere retrograda è un momento in cui i nostri occhi si sentiranno completamente aperti, in modo da essere onesti con noi stessi invece di vivere di illusioni. Qualsiasi difficoltà o differenza sarà disposta su di un tavolo, così da avere l’opportunità di vedere ciò che è davanti a noi e poi cercare di capire qual è la causa dei vari problemi. E’ anche il momento giusto per riflettere su quelle relazioni iniziate con il moto retrogrado di Venere. Una volta che Venere ha iniziato la sua retrogradazione è indispensabile essere cauti su chi scegliamo di frequentare in questo periodo, il nostro punto di vista cambierà repentinamente e spesso saremo propensi a saltare alle conclusioni, fraintendendo i segnali che provengono dall’altra persona e avendo, così, una visione distorta e squilibrata della situazione.
Il periodo retrogrado di Venere è il momento perfetto per le riconciliazioni, così come è probabile un ritorno di un amore del passato o di un ex amico/a. Ci troviamo in una fase di riflessione che può anche farci sentire un po’ delusi dal fatto che certe amicizie o relazioni sono in fase di stanca o non sono come credevamo che fossero. Le nostre relazioni ci offrono continuamente lezioni da imparare, soprattutto se siamo abbastanza coraggiosi da dare un’occhiata a ciò che non va e a riconoscere gli errori commessi. Le lezioni saranno ripetute più e più volte fino ad impararle e a spezzare gli schemi. E’ il periodo giusto per perdonare, non solo noi stessi in modo da avere più fiducia nelle nostre capacità, ma anche gli altri.
E’un periodo di trasformazione e quando finalmente rilasceremo tutte le vecchie emozioni e saremo in grado di crearne di nuove, finalmente riusciremo a spezzare vecchi schemi che ci tormentano da tempi ormai remoti. Tutto ciò che ci lasciamo alle spalle con questo aspetto planetario verrà lasciato per una buona ragione, per dare un senso di chiarezza alla nostra vita e per imparare ad accettare il nostro valore e l’amore per noi stessi.

Venere va in retrogradazione solo una volta ogni 18 mesi circa, quindi bisogna sfruttare al massimo la possibilità di immergerci nelle profondità della nostra anima, spazzar via vecchie ragnatele e creare lo spazio per risorgere dalle nostre ceneri allo stesso modo dell’Araba Fenice nel suo Fuoco Sacro.
Venere, il pianeta dell’amore sarà retrogrado per 40 giorni. Durante questo periodo è fondamentale essere consapevoli del suo potere seduttivo e del suo lato oscuro.
Comunemente si consiglia di non iniziare una storia d’amore. Durante questi 40 giorni potrebbe essere necessario resistere al lato Lucifero, il lato seducente di Venere. Le tentazioni potrebbero essere un affare illecito. Durante la prima fase della Venere retrograda lei è Espero, alta nel cielo notturno e amorevole, riflessiva e ricettiva. Pura e verginale. Durante questo periodo si potrebbe sentire che il bisogno di più amore, ma bisognerà superare i nostri limiti per trasformare questa energia in realtà. Ci si potrebbe aggrappare a una relazione passata, ed è il motivo per cui questo periodo può riportare a galla vecchie fiamme e connessioni karmiche. Potrebbe farvi sentire tristi a causa di un amore perduto e mettervi sulla difensiva. Questo periodo potrebbe essere buono per chiudere i rapporto morti da tempo. Prendiamo quindi il lato costruttivo di questo passaggio, e facciamo pulizia nella nostra vita sentimentale.

Dopo tutto Venere presenta due facce: è la dea dell’amore e della guerra, secondo i Babilonesi. La parola Lucifero (che è spesso viene confusa con Satana) significa portatore di luce, e si riferisce a Venere nella suo fase di stella del mattino. Gli antichi dicevano che i primi giorni della sua “fase di Lucifero”, erano momenti particolarmente pericolosi. Le persone nate con Venere come stella del mattino, si dice, si lanciano a capofitto in storie d’amore ed esprimono una passione fuori dal comune. Venere come una stella della sera, invece, è più vicina al significato tradizionale di Venere, questa fase è chiamata Espero. Il periodo retrogrado descrive molto bene il passaggio tra le due modalità di Venere e la sua discesa agli inferi, prima che resusciti come selvaggiamente appassionata, e di tanto in tanto infida stella del mattino.
Venere in moto retrogrado dovrebbe significare che le nostre vite amorose entrano in un periodo sfortunato in cui possiamo rivivere esperienze di vita passata, al fine di risolvere le questioni karmiche. Vecchi amici o amanti possono riapparire e ci possono essere più difficoltà a dare e ricevere amore e affetto.
Quando Venere è retrograda è uno dei momenti più importanti per fare il punto della situazione in campo sentimentale.
Le relazioni affettive hanno un valore molto più importante e significativo quando il moto di Venere é retrogrado.
Quindi se siete alla ricerca di un nuovo Amore o vi state domandando se il cuore è ancora ferito e ha dimenticato, questo si paleserà chiaramente quando il pianeta inizierà il suo moto retrogrado.
Questo è un periodo in cui ci si può innamorare follemente proprio perché abbiamo un occhio diverso nel guardare le persone che abbiamo davanti, siamo maggiormente pronti ad accogliere e ci sarà più facile ammettere che l’Amore tollera anche le colpe e le debolezze e ci rende liberi di amare profondamente noi stessi e gli altri.

Incontri d’amore, fulmini di Cupido sono molto probabili quando Venere è retrograda soprattutto quando riparte nel suo moto diretto.
Potrebbero esserci dei riavvicinamenti da parte di persone del passato che si riaffacciano nel nostro presente, sarà delicato decidere cosa fare e capire se la relazione merita o meno una seconda possibilità.
Spesso Venere retrograda dà anche problemi di tempismo nei rapporti, si incontra la persona giusta nel momento sbagliato, oppure potrebbe esserci una difficoltà nell’esprimere in modo equilibrato i propri sentimenti.”

[fonte web 9/2016 che non sono riuscito a recuperare per citare l’autore]

*Ho voluto riportare questo articolo proprio in questo momento affinchè ognuno di noi possa avere chiarezza e consapevolezza, uniche armi per essere individui “attivi” e nn “passivi”. Individui che nn imprecano inutilmente ma che si danno da fare. Il sentiero è tracciato, la simbologia è attiva, il resto tocca a noi. Nel caos c’è un ordine. Venere nn è solo amore ma anche ciò che consideriamo “valore”, quindi, la domanda diventa generica ed è: “quale valore ha per me tutto questo?” Ascoltarsi e accogliersi, prima con se stessi e poi con chi abbiamo vicino…se ne vale la pena, altrimenti, si va avanti ad esplorare la vita con altri compagni di viaggio nuovi, freschi e vitali.

**Dimenticavo un paio di cose.
La prima.
Se avete Venere già retrograda nel tema di nascita e viene toccata dall’anello di sosta, allora, il transito diventa ancora più significativo. Consiglio di vedere anche le “progressioni” (per chi le conosce e le sa usare) e vedere quando Venere natale ritorna diretta e riprende la sua natura originaria.
La seconda.
C’è un filone di pensiero che considera il periodo di retrogradazione più ampio, ossia, lo fa partire quando il pianeta si congiunge con il Sole, prima e dopo la retrogradazione effettiva. In questo caso, il palcoscenico di questo anello è stato allestito dal 6/2016 e chiuderà lo scenario solo a gennaio 2018 in moto diretto con il contatto retrogrado 25/3/2017. Chiaramente la fase clou è quella indicata nel post. La fase più ampia dell’anello avrebbe anche senso se consideriamo il fatto che certe sensazioni si incuneano sottilmente e piano piano nel tempo per poi manifestarsi chiaramente e si prolungano perché certe scelte-decisioni richiedo tempo per essere attuate a causa dei vincoli emotivi/affettivi/pratici, vuoi per una convivenza, vuoi per un matrimonio con e senza figli, vuoi, per chi è single, la necessità di rielaborare tutto il vissuto relazionale con storie/situazione che si ripetono. Le cause possono essere molteplici, quindi, considerare un arco di tempo più esteso avrebbe il suo senso e il suo perché. Chiaramente nn vale per tutti e si deve valutare caso per caso.

Stai aiutando le tue Stelle?

Si sentono spesso studiosi disorientati o incapaci di comprendere le modalità di azione delle stelle. Ci dicono, meravigliati, che i cattivi aspetti sono sempre esatti e si avverano, mentre le buone configurazioni sembrano avere poca o nessuna influenza.
Servendoci del proverbio che dice: “Aiutati che il cielo t’aiuta” possiamo aggiungere che le stelle aiutano l’uomo che si aiuta da sé, perché esse sono i ministri di Dio, e dobbiamo ricordare che le stelle mostrano le tendenze: segnano il momento in cui l’occasione è propizia, però mai, in nessuna circostanza, costringono chicchessia ad agire nell’una o nell’altra direzione. E neppure le calamità sono disgrazie, ma lezioni ed esperienze delle quali possiamo o meno approfittare, secondo la nostra volontà, entro determinati limiti.
Per esempio, la Luna è in quadratura con Marte: questo aspetto ci procurerà l’occasione di perdere la calma e quindi di avere dei fastidi. Una volta scomparsa la vicissitudine e dopo avere riflettuto sull’accaduto, diremo a noi stessi più o meno così: “Bene, quanto sono stato sciocco a permettere a una cosa tanto insignificante come questa di farmi perdere la calma!”.
D’altra parte, se lo studioso di Astrologia usa la sua conoscenza nella debita forma, saprà che l’effetto della Luna in quadratura con Marte deve avvenire e, quindi, deve dapprima proporsi di affrontare con calma e dirsi: “Qui mi si presenta un’occasione per governare le mie stelle. Terrò sotto controllo il mio umore e la mia serenità, e quando l’aspetto si manifesterà rimarrò tranquillo ed equilibrato”. Quando l’aspetto si manifestasse e con esso l’occasione per alterarsi, lo studioso che ha fatto questo ragionamento rimarrà imperturbabile e, sebbene dentro di sép ossa sentir ruggire le passioni, esternamente rimarrà calmo, sereno, con la mente tranquilla. Passato il pericolo avrà guadagnato uno vittoria e imparata la lezione che gli occorreva.
Supponiamo anche il caso di una quadratura della Luna con Saturno: la cosa esporrà la persona alla malinconia e la indurrà a notare solo il lato negativo della vita. Lo studioso di Astrologia, però, quando simile configurazione si avvicinasse, potrà dire a se stesso: “No, non mi rattristerò. La tristezza, le angosce e le preoccupazioni non favoriscono l’andamento delle cose, lo peggiorano, perché si impadroniscono di tutta la forza della persona; conservandomi sereno dominerò la situazione. Considererò le cose con buon animo cercandone il lato buono e vedrò quello che si potrà fare per migliorare la situazione”.
Come regola generale, molte cose che ci preoccupano non avvengono e se lo studioso, sotto la configurazione planetaria, impara a conservare il proprio equilibrio, evitando le preoccupazioni, ha allora dominato le stelle e imparato una lezione molto importante. In tal modo, le direzioni avverse non avranno la stessa forza su colui che le deve subire, come se, sedutosi e incrociando le braccia, dicesse: “Bene, non posso farci nulla, sto per subire degli aspetti astrali avversi e, naturalmente, le cose devono andare male in tutti i sensi”.
In tutti i temi natali vi è un fattore dominante: la volontà dell’individuo. Si tenga presente, ripetiamo, che il tema natale indica solo le tendenze e non ha nessuna forza per costringere la persona a fare una cosa determinata, la forza coercitiva è anzi nella persona stessa.
In ultima analisi, quindi, siamo noi i fattori determinanti del tema natale e possiamo, con l’esercizio della necessaria forza di volontà, governare le nostre stelle. Si dice che noi tutti siamo deboli e, quindi, impotenti a esercitare la volontà necessaria in tutti i momenti della vita; però questa è esattamente la ragione per la quale vengono inviate queste direzioni avverse, per renderci atti a coltivare e formare una volontà forte in modo che a tempo opportuno la potremo esercitare. Dipende da noi decidere se essere spinti dalle circostanze esterne o dalla nostra volontà interiore. Sicuramente questo è il cammino che dobbiamo seguire e gli studiosi di Astrologia, più di ogni altra categoria di persone, devono essere capaci di guidare in modo sicuro la loro vita fra gli alti e bassi dell’esistenza; opportunamente avvisati e sapendo perciò quanto sta a loro capitando, devono essere preparati a farvi fronte.
Spesso ci si chiede anche: “Perché i buoni aspetti non ci procurano una dose corrispondente di benefici?” Noi rispondiamo: “Per mancanza di cooperazione”. È assolutamente necessario aiutare le nostre stelle in una direzione come lo era l’opporvisi nell’altra.
L’opportunità può essere paragonata alla pista sdrucciolevole di una gara di bob, fra noi e i nostri desideri; è necessario fare un adeguato sforzo iniziale per raggiungere la parte inclinata; una volta fatto ciò che dipende da noi, tutto il resto andrà favorevolmente. Così, mettendo da parte nostra quanto occorre, gli astri sono con noi in nostro favore, per accrescere la nostra forza penetrante onde conoscere quanto è per noi più conveniente.

– RosaCroce –

Rapporti karmici, destinici ed ossessivi.

_a breve inizierà un periodo che vedrà brillare l’anello di sosta di Venere. Ormai nn manca molto, ci siamo quasi. Per il momento, mettiamo da parte le relazioni già in essere o che sono in “pausa” o che ci andranno [avranno le loro belle cose da sistemare] e osserviamo un po’ la natura dei rapporti che potrebbero prender vita, ossia: karmici, destinaci, ossessivi. Interessante, poi che Venere entrerà per tre volte in contatto di quadratura con Saturno. E’ tutto un dire!
Chiariamoci un po le idee con questo articolo di Paolo Crimaldi.
Che dire ancora? Buona Venere a tutti!

Non c’è esperienza più complessa, intrigante, affascinante e capace di far provare così tante emozioni anche in solo momento, che la nascita di un nuovo amore.
E’ un mettersi alla prova, uno scongelarsi per molti da un periodo di gelo emotivo, per altri l’occasione di trasgredire a regole e codici che si erano portati avanti senza capirne la ragione, tanto che ogni storia d’amore ha la sua specificità e la si può sperimentare sotto differenti punti di vista, in base alla natura che è alla sua base.
Noi riconosciamo tre tipi d’incontri, e di riflesso quindi di rapporti, ovvero karmici, destinici ed ossessivi.

I RAPPORTI KARMICI sono particolarmente forti, legati a passate esistenze con cui si è fatto un percorso comune con il partner, spesso non portato a termine per ragioni varie e che ora, in questa vita, si ripresenta per essere portato a termine, per essere definito una volta per tutte.
Per cui in genere è un rapporto che ha una sua naturale data di scadenza, destinato a chiudersi quando quel qualcosa rimasto in sospeso alle vite passate ha finalmente avuto corso e quindi è giunto alla sua naturale conclusione.
Chiaramente non è detto che ciò accada, e soprattutto non significa che l’esperienza può essere comune, allo stesso tempo, ai due partner, tanto che spesso questo tipo d’incontro può generare sofferenza, dolore, delusione e portare a vivere nuovamente con disagio qualcosa che invece andrebbe definitivamente chiusa e superata per fare spazio a un nuovo amore, ad una persona capace di far vivere emozioni forti, diverse da quelle passate e quindi vivificanti per la propria esistenza.
Ma in alcuni casi possono anche esserci incontri karmici destinati ad evolversi, ma in genere sono rari e hanno in sè già una loro particolare struttura evolutiva, e che in un modo o nell’altro sono legati ad esperienze di vite passate in cui il legame d’amore si è spezzato prematuramente e che nell’attuale esistenza ci si rincontra proprio per proseguire da laddove si bruscamente interrotto.

I RAPPORTI DESTINACI sono generati da incontri con persone che finiscono col fungere da maestri, ovvero aiutano a trovare una strada già segnata e scelta all’atto della nostra attuale incarnazione, a fare in modo di aprirci a nuove possibili esperienze evolutive, ma soprattutto a sperimentare storia d’amore capace di cambiare la nostra vita.
Questo tipo d’incontri ha in sè una grande potenziale di crescita e aiutano notevolmente a dare alla propria esistenza qualcosa di speciale. In genere quando accade questo tipo d’incontro si avverte da subito una speciale sensazione di benessere, ci si sente liberi e sicuri, pronti ad affrontare il mondo intero e non si avverte affatto l’ansia per il futuro e in genere si vede il proprio partner non tanto come un amante, ma come una persona capace di completarci e allo stesso tempo di farci sentire liberi, individui capaci di scelte autonome.
E’ un amore che porta a sperimentare le trame del nostro destino, che apre porte fino a quel momento serrate e impossibili da varcare nonostante i nostri sforzi più ardui e in genere è una relazione destinata a durare e anche quando finisce, avviene spesso per cause naturali, in modo indolore, facendo serbare sempre un bellissimo ricordo, tanto da veder trasformato l’amor-passione in una meravigliosa e tenera amicizia di mutuo soccorso che dura, quasi sempre, per l’intera vita.

Infine i RAPPORTI OSSESSIVI  sono quelli che forse hanno un maggiore impatto emozionale nella nostra esistenza  e che in un modo o nell’altro possono condizionarla, spesso fino a giungere anche a scelte estreme e poco affini alla propria natura.
In genere sono rapporti nei quali si avverte una notevole difficoltà a sentirsi liberi, autentici e il sentimento che prevale è la possessività, la gelosia, la mancanza di spazio proprio. Se inizialmente hanno una carica emotiva davvero forte e propulsiva e possono dare la sensazione di essere qualcosa di speciale e unico, col il tempo si rivelano eccessivamente condizionanti, tanto da assorbire un po’ per volta i nostri pensieri, fino a fare in modo che il partner diventi una vera e propria ossessione e tutto gira attorno al rapporto, che diventa sempre più chiuso e stretto, tanto da impedire qualsiasi apertura al mondo esterno.
Le strade spesso sono due: la prima è la chiusura con grande dolore e forti tensioni, mentre la seconda è quella di restare per l’intera vita coinvolti in tale tipo di relazione, sperimentando la frustrazione e la tensione che tale tipo di storia offre, ma allo stesso tempo sperimentando un sentimento di ossessiva unicità che per quanto vincolante può comunque dare la sensazione di star vivendo una meravigliosa e unica storia d’amore, anche se chiaramente si tratta di una grande idealizzazione che in alcuni casi può anche risultare pericolosa per il proprio benessere psicofisico e bloccante il proprio cammino evolutivo.
Per cui è chiaro che ogni storia, ogni incontro, a suo modo cambia la nostra vita, le dà occasioni per poter sperimentare cose che mai prima erano possibili, ma solo quelli di natura destinica possono aiutare a trovare il vero senso della nostra esistenza e favorirci nel raggiungere un vero equilibrio tra psiche e cuore e vivere quindi l’universo delle emozioni scevro da ogni forma di possibile patologia.

Fonte: astrologiainlinea.it

 

Astrologia dei Sè [Voice Dialogue]

Nell’ambito dell’astrologia psicologica, riconoscere e descrivere le dinamiche tra Sé primari e rinnegati è una delle più importanti attività su cui concentrarsi durante una consultazione. I Sé rinnegati infatti, ben lungi dallo scomparire, continuano a lavorare dall’inconscio, e il loro modo di esprimersi si concentra in due settori: quello delle relazioni, quasi sempre disfunzionali e segnate da fortissime proiezioni; e quello delle malattie e dei disturbi fisici. Si capisce dunque quanto questa operazione di esplorazione e comprensione della personalità possa avere un’importanza decisiva.
Sfortunatamente, però, è anche una delle più difficili. Se infatti esiste un consenso generale sulla coloritura, dunque sulla qualità, dei vari Sé (tutti gli astrologi sono d’accordo sul significato di un Sole in Capricorno o di una Luna in Pesci) la distinzione tra Sé primari e Sé rinnegati investe l’interpretazione dell’intero tema natale, dunque è molto più complessa. Un ottimo tentativo in questo senso è stato effettuato dalla scuola di Liz Greene, e i suoi seminari contenuti ne “I complessi psicologici nell’oroscopo” danno un primo orientamento, ma fondamentale. Occorre però “ritradurre” il suo linguaggio e i suoi riferimenti junghiani nel sistema della psicologia delle sub-personalità.

Sé e complessi psicologici.
L’astrologia psicologica attuale nasce infatti sull’edificio dottrinale della psicologia junghiana, la quale non parla di Sé, bensì di complessi. Un complesso è una associazione di contenuti psichici relativamente autonomi e separati dalla coscienza. Essendo un associazione, ogni complesso può contenere vari Sé. Ad esempio la Persona, famoso concetto junghiano, è un complesso costituito dai vari atteggiamenti o tratti che vengono utilizzati per adattarsi all’ambiente. E’ facile però che essa aggreghi a sua volta vari Sé, tra cui ad esempio il Perfezionista, il Giudice interiore e l’Attivista. L’Io stesso è, secondo Jung, un complesso, costituito dai vari elementi psichici di cui sono consapevole. Un Sé, al contrario, è una unità psichica discreta, non ulteriormente scindibile in altre sotto-parti. Vediamo concretamente la differenza tra queste due concezioni.
Ogni Sé è invece una delle componenti discrete di questi complessi, e può- in quanto tale- entrare a far parte di vari complessi.

Il complesso del tema e le funzioni psicologiche.
In astrologia gli Elementi rappresentano le quattro energie fondamentali. Liz Greene le ha paragonate alle funzioni della coscienza nella psicologia junghiana, secondo questo schema: Fuoco – Intuizione; Terra – Sensazione; Acqua – Sentimento e Aria – Pensiero. In linea di massima, due di queste energie tendono ad essere primarie e due rinnegate; inoltre, seguendo lo schema della psicologia junghiana, esisterebbe una incompatibilità naturale tra l’intuizione- Fuoco, e la sensazione- Terra, e tra il sentimento- Acqua e il pensiero- Aria. Questo schema può dare un buon orientamento di massima, ma non dovremmo prenderlo in maniera troppo rigida se non vogliamo incorrere in grossolani errori.
Quando infatti questa incompatibilità riguarda dei Sé molto potenti a livello energetico, come nel nostro tema di riferimento il Sé legato a Saturno-Terra e quello legato al Sole-Fuoco, sarà ben difficile che uno dei due Sé rimanga rinnegato a lungo. Questo Sé ha troppa energia, e uscirà fuori comunque. Al principio, potrà esserci un’alternanza tra i due Sé, a seconda delle situazioni, degli ambienti, delle persone con cui si interagisce o anche delle fasi della vita che si attraversano. Non appena però si formano un Io e una coscienza più solidi e stabili- in genere dall’adolescenza in avanti- la persona troverà un modo per far interagire e coesistere le due energie “nemiche”. La coesistenza non sarà né semplice né stabile, e i due Sé balleranno per un certo periodo di tempo, a cavallo tra la condizione di primarietà e di rimozione. Ma l’individuo avrà in genere ben presente il suo dissidio interiore, e lavorerà in maniera intensa per cercare di superarlo.
Poniamo che Venere in Gemelli come unico pianeta personale in un segno d’Aria, un serio candidato dunque alla qualifica di Sé rinnegato, anche perché la sua energia relativamente scarsa le renderebbe difficile emergere. Questo Sé rimarrebbe nel suo status di rinnegato molto più a lungo di quanto farebbe un Sole o un Ascendente nelle sue condizioni, e sarebbe più difficile per la persona integrarlo e raggiungerne la consapevolezza.

L’importanza degli aspetti.
Gli aspetti definiscono in maniera quasi sempre chiara il modo in cui le sub-personalità interagiscono tra di loro. Intanto la presenza di un aspetto collega in modo evidente l’espressione di due o più Sé, che tenderanno così a interagire in maniera stabile e concreta, anche se le modalità della loro interazione potrà variare notevolmente nell’arco della vita. In questo quadro di fondo, gli aspetti più semplici (trigono, sestile, congiunzioni armoniche) indicano che i due Sé in oggetto si attivano in contemporanea, e che la loro interazione è relativamente agevole. Inoltre i due Sé tendono a fare parte dello stesso sistema psichico: dunque, o sono entrambi coscienti, o entrambi inconsci. Al contrario, gli aspetti difficili (quadrato, opposizione, le altre congiunzioni) faranno attivare comunque i due Sé in contemporanea, ma in maniera ovviamente non armonica. Intanto, faranno parte di due sistemi psichici diversi, per cui quando uno dei poli sarà conscio l’altro diventerà inconscio, e viceversa. In secondo luogo, essendo comunque attivi in contemporanea, il polo inconscio dei due ostacolerà e “inquinerà” l’espressione del Sé conscio. Questo è vero soprattutto nell’ambito del quadrato, mentre l’opposizione tende piuttosto a una alternanza nell’espressione dei due Sé in questione. Ad ogni modo, la prima conseguenza di questa dinamica è piuttosto semplice: nell’ambito di un aspetto dissonante, il più forte tra i due Sé implicati sarà primario, l’altro rinnegato. Inoltre, quando ci si trova dinanzi a configurazioni più complesse (come un quadrato a T, oppure una opposizione in aspetto a un pianeta che fa da Punto di Talete tra gli altri due) è frequente che i due pianeti dalla natura più affine si alleino per relegare l’altro allo “status” di Sé rinnegato.
Anche questo schema sugli aspetti comunque non va preso esattamente alla lettera. Esistono infatti pianeti, dunque energie, sostanzialmente incompatibili (Sole-Saturno, Luna-Urano, Marte-Nettuno eccetera) che anche quando sono impegnati in aspetti semplici non danno affatto la garanzia di collaborare amabilmente tra loro. Così, l’opposizione Venere-Giove non implica per forza che i due principi si escludono a vicenda, anche se la loro espressione potrà essere eccessiva, altalenante o impoverita.

I pianeti agli angoli.
Tutti i pianeti angolari sono fortemente energizzati e costituiscono probabilmente dei Sé importanti, ma non è affatto detto che debbano essere Sé primari. Intano occorre fare una prima distinzione tra Ascendente e Medio Cielo da un lato, Discendente e Fondo Cielo dall’altro. I pianeti congiunti a questi due ultimi punti sono naturalmente soggetti a proiezione, sul partner e le persone con cui abbiamo legami importanti (Discendente) e sulle figure familiari (Fondo del Cielo). Il loro status naturale è dunque quello di Sé rinnegati. Se però questi pianeti sono legati tramite aspetti “scorrevoli” ai pianeti personali, è facile che siano ben integrati nella coscienza e dunque che siano Sé primari. I pianeti congiunti all’Ascendente e al Medio Cielo per contro sono sentiti come abilità o caratteristiche innate e naturali (Ascendente) o come eredità familiari con cui sentiamo una forte continuità o con cui ci identifichiamo (Medio Cielo). Ancora una volta però questo non decide automaticamente della loro sorte. E’ infatti importante che siano collegati ai pianeti personali, o tramite aspetti o tramite governo, soprattutto quando parliamo dei pianeti al Medio Cielo, che è un punto un po’ più astratto dell’Ascendente. Altrimenti, come scrive Liz Greene, “l’Io può non volere avere nulla a che fare con esso […] specie se è un pianeta esterno o un pianeta nemico dell’equilibrio globale degli elementi sulla carta, come Saturno all’ascendente di una carta di Fuoco, o Urano all’ascendente di una carta d’Acqua”. Un siffatto pianeta all’Ascendente agirà alla stregua di una maschera, oppure di una serie di comportamenti del tutto automatici e quindi inconsci. Un pianeta isolato al Medio Cielo invece- è il caso di Nettuno nel nostro tema di esempio- sarà una sorta di “daimon” o destino familiare, che lavora dietro le quinte del sistema familiare.

I pianeti isolati.
I pianeti isolati rappresentano naturalmente dei Sé rinnegati, almeno al principio. Questo non a causa della loro incompatibilità con altri elementi della personalità, bensì per la loro scarsa energia: essi infatti non sono in contatto con il flusso energetico complessivo dal tema, e finiscono quindi con l’assopirsi in una sorta di entropia, soprattutto se parliamo di pianeti collettivi. Sono quindi non tanto dei “Disowned selves” quanto degli “Undeveloped selves”, parti della personalità che non hanno mai avuto l’opportunità di svilupparsi. Quando questi punti del tema vengono sollecitati per la prima volta, “tendono ad avere una qualità mitica e molto arcaica”. Essendo infatti scollegati dalla psiche personale, tendono a comportarsi come puri archetipi, e sono quindi associati a una grande ricchezza emozionale che può assumere connotati addirittura mitologici, del tutto staccati dalla realtà delle persone e delle situazioni che ci si trova di fronte. L’integrazione di questi Sé può essere dunque al principio piuttosto difficile, ma prima o dopo andrà comunque affrontata, visto che progressioni, transiti o relazioni interpersonali contribuiranno di certo ad attivare questi pianeti silenti.
Se ad essere isolato è un pianeta personale e specialmente uno dei due luminari- in particolare il Sole- il quadro che si presenta è alquanto diverso. Questi Sé si faranno comunque sentire, in un modo o nell’altro, perché sono troppo potenti. Se verranno proiettati, l’oggetto della proiezione assumerà uno status semi-divino e magico; altrimenti è possibile che la persona sviluppi una gigantesca Ombra e si identifichi con essa. Oppure, come fanno tutti, proietterà il Sole o la Luna su un individuo di sesso opposto e si “innamorerà” di lui…

I Sé “naturalmente” rinnegati.
E’ un dato di fatto, a questo proposito, che a seconda del sesso della persona alcuni Sé vengano naturalmente- almeno al principio- proiettati. Si tratta dei Sé rappresentati dai pianeti “controsessuali”: sono la Luna e Venere per un uomo, il Sole e Marte per la donna. In realtà il Sole rappresenta il centro della personalità sia per l’uomo che per la donna, per cui la sua proiezione sarà in genere soltanto parziale, il che potrebbe non dirsi per la Luna e Venere nell’uomo.
Ci sono inoltre dei Sé che sono, per la loro natura intrinseca, più difficili da accettare e da integrare di altri. Penso ai pianeti transaturniani, e in particolare a Nettuno e a Plutone, simboli di energie transpersonali che l’individuo può avvertire come ingestibili o minacciose. Altre volte semplicemente queste energie sono troppo inconsce e più difficili di altre da “illuminare”, da portare alla luce. Questo è il motivo per cui, tra i Sé rinnegati, quelli collegati a Nettuno e a Plutone possono essere i più difficili con cui interagire.

Le dinamiche legate a Saturno.
Nel Voice Dialogue hanno una grande importanza le dinamiche legate ai Sé “confrontatori”: sono il Giudice e il Critico Interiore. Questi Sé si dicono confrontatori perché assumono le sembianze di rigidi e severi genitori: sono la personificazione di quello che ci chiedevano di essere i nostri genitori quando noi eravamo bambini. Anche da adulti, questi Sé confrontano continuamente quello che noi siamo e facciamo con le richieste- presunte- del mondo esterno, e spesso in questo modo ci mortificano o ci svalutano. In realtà, essi agiscono per la nostra protezione, soprattutto per la protezione del nostro Bambino interiore: quello che essi fanno in pratica è proprio di riproporre la dinamica genitore-bambino. Il problema è che finiscono con l’esagerare, generando sentimenti di frustrazione e incapacità, e bloccando l’espressione di quella sensibilità ed emotività (Bambino) che essi vorrebbero in realtà proteggere.
Ebbene, questi Sé lavorano in maniera molto simile a quanto fa nel tema Saturno, e gli aspetti di Saturno spesso agiscono in base a questa dinamica. Una parte di noi, un nostro Sé, viene ritenuta inadeguata, e da lì prendono il via varie strategie di fuga e protezione che non fanno altro che bloccare alla lunga l’espressione di quel Sé. Questa è la ragione per cui i pianeti interessati da aspetti dinamici di Saturno rappresentano quasi sempre Sé rinnegati o perlomeno fortemente menomati nella loro espressione. Anche di questo dovremo tenere conto nell’interpretazione del tema.

Le case d’acqua.
Mentre le case IVa e VIIa si prestano particolarmente alla proiezione, le altre due case d’acqua (l’VIIIa e la XIIa) rappresentano campi di esperienza altrettanto inconsci che però tendono a rimanere sepolti il più delle volte nel profondo di noi stessi. E’ Arroyo che pone una particolare enfasi sul carattere inconscio ed automatico delle case d’acqua: “i pianeti che cadono in case d’acqua” scrive “spesso mostrano i fantasmi del passato che ancora ossessionano la persona, e il fatto che siano almeno in qualche misura inconsci spiega perché questi complessi energetici spesso tendano a indebolire l’orientamento conscio verso la vita”. Del resto l’VIIIa casa si riferisce alle profonde paure del bambino di fronte alla comprensione della separatezza della madre, alle sue fantasie di distruzione e annientamento, ai suoi istinti più profondi e animaleschi: queste parti della personalità vengono facilmente rimosse con la crescita. La XIIa casa si riferisce invece a quelle parti o a quei Sé che l’individuo non è riuscito a integrare (opposizione alla VIa) nel corso della crescita. Secondo la Greene, i pianeti contenuti in questa casa indicano dei Sé che sono stati rimossi a livello familiare per tantissimo tempo: connettersi con essi a livello energetico è particolarmente difficile. Quindi i pianeti situati in XIIa casa rappresentano sempre dei Sé rinnegati, salvo pochissime eccezioni. I pianeti in VIIIa sono contattabili con più facilità, mentre quelli in XIIa rappresentano dei Sé rinnegati e disturbatori, e possono costituire un serio problema se non ci si confronta con essi.
Oltre che attraverso le relazioni e i disturbi di salute, i Sé rinnegati possono manifestarsi anche in altri modi: tramite lapsus, commenti e irruzione improvvise di cui non sappiamo capacitarci; nei sogni, sotto forma di figure che ci inseguono, ci spaventano e ci minacciano; o ancora nei drastici cambiamenti di vita che hanno origine da ispirazioni improvvise. Riconoscere e integrare queste parti ci può consentire non soltanto di migliorare la qualità delle nostre relazioni e del nostro benessere, ma ci permette anche di utilizzare ogni principio archetipico nelle sue accezioni più alte. Quando infatti un Sé è consapevole può esprimersi in una ampia gamma di modalità, dalle più semplici alle più elevate; l’interazione con la coscienza gli permette di evolversi, di crescere. Come dice Sasportas, “un archetipo è come un ascensore in un grande magazzino. Può lasciarvi al primo piano al reparto calzature per donna, al secondo al reparto abiti per uomo, oppure può portarvi direttamente al ristorante all’ultimo piano.”
Ma un Sé rinnegato difficilmente può andare oltre il seminterrato, dentro al quale assumerà probabilmente le sembianze di un rapinatore o di un parcheggiatore molesto. La lontananza dalla sfera della coscienza lo rende primitivo, brutale, inutile. Prendersi cura dei propri Sé è prima di tutto un atto di responsabilità e di amore verso sé stessi.

– Fabio Cassani –